Dislessia: due milioni di italiani

L’ IMPORTANZA DELLA LOGOPEDIA NELLA DIAGNOSI E NEL TRATTAMENTO 

Il Miur fotografa il boom delle diagnosi: in Italia 70 mila in più in un solo anno.

Questo disturbo genera il 60% degli insuccessi scolastici” avverte l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).

“Come posso aiutare mio figlio al quale è appena stata diagnosticata la dislessia?

Come ci si accorge di questo problema? A chi posso rivolgermi?”

Sono queste le prime domande che un genitore si fa davanti alla “dislessia”.

Il termine dislessia è usato per designare un disturbo che si manifesta principalmente con la difficoltà nella lettura, dovuta a problemi nella distinzione e nella memorizzazione di lettere o gruppi di lettere.

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Da cosa nasce la dislessia?

La dislessia non è una malattia, ma è l’effetto di fattori neurofisiologici che determinano una più lenta maturazione del sistema nervoso.

Per comprendere il disturbo è necessario conoscere la natura della “lettura”: essa si basa sull’elaborazione di schemi linguistici astratti, che implica la decodifica di sequenze di disegni simbolici linguistici (grafemi), associati a suoni (fonemi). Questo tipo di elaborazione è appresa da processi innati che dipendono dalla maturazione del Sistema Nervoso: quando viene appresa l’elaborazione fonologica sequenziale, il bambino all’inizio decodifica lentamente le lettere una alla volta, memorizzando l’associazione grafica-uditiva. Una volta automatizzata questa abilità, si otterranno strategie di decodifica più veloci (suoni che evocano la stringa fonetica della parola).

Potremmo definire la dislessia come un disturbo dell’apprendimento di origine neurobiologica che si manifesta con una difficoltà di lettura indipendentemente da qualsiasi causa intellettuale, culturale o emotiva; non è una mancanza di interesse, motivazione o disabilità sensoriale, bensì un problema di natura cognitiva, che colpisce in particolare il passaggio dalla codifica visiva a quella verbale.

Quali sono i segni e i sintomi principali?

  • Deficit di consapevolezza ed elaborazione fonologica (mappatura grafema-fonema). Il soggetto perciò tende a confondere i fonemi, oppure a invertirli, ometterli o sostituirli.
  • Deficit di memoria a breve termine
  • Difficoltà nella comprensione della struttura sintattica della frase
  • Difficoltà nell’elaborazione sequenziale
  • Difficoltà nell’accedere al lessico
  • Bassa velocità di lettura
  • Altri disturbi spesso associati: scarsa lateralizzazione, alterazioni della psicomotricità (mancanza di ritmo, difficoltà nell’orientamento spazio-temporale e nell’attenzione, scarsa conoscenza dello schema corporeo) e disordini percettivi.

Come si manifesta la Dislessia?

BAMBINI TRA 4 E 6 ANNI

Questa fase coincide con lo stadio prescolare: i bambini iniziano a leggere e a scrivere, ma poiché l’acquisizione degli apprendimenti non è ancora realizzata, i disordini si configurano con una predisposizione alla dislessia e saranno evidenti allo stadio successivo. Fase che possiamo considerare “predittiva”.

Le alterazioni si manifestano nell’area del linguaggio, tra cui possiamo evidenziare:

  • Omissione di fonemi, ad esempio “baccio” per “braccio” o “i cane” per “il cane”.
  • Confusione grafemica, ad esempio “dello” per “bello”.
  • Confusione fonetica, ad esempio “vuoco” per “fuoco.
  • Inversioni, che possono essere fonemi di una sillaba o sillabe di una parola. Ad esempio: “nisetto” per “insetto” e “menzalana” per “melanzana”.
  • Povertà espressiva e lessicale insieme ad una bassa comprensione verbale.
  • Scarsa abilità negli esercizi manuali.

BAMBINI TRA 6 E 9 ANNI

In questo periodo, la lettura e la scrittura devono già essere acquisite dal bambino con una certa padronanza. In questa fase il bambino dislessico incontra le maggiori difficoltà e mostra i segni più chiari del suo disturbo.

Le manifestazioni più comuni in questo stadio sono:

  • Confusione soprattutto riguardo quelle lettere che hanno una somiglianza nella forma grafica o nel suono, ad esempio: “d” / “b”; “p” / “q”; “d” / “t”.
  • Inversione nell’ordine delle lettere, ad esempio “prota” per “porta”; “mordi” per “dormi”.
  • Omissione di lettere, ad esempio “abero” per “albero”.
  • Sostituzione di una parola per un’altra parola che inizia con la stessa sillaba o ha un suono simile, ad esempio: “cicala” per “ciliegia”.
  • Mancanza di ritmo nella lettura, salto di riga o ripetizione di essa.
  • Mix di lettere minuscole e maiuscole.

Qual è il ruolo del Logopedista?

È una figura fondamentale nel trattamento della dislessia, specie per i bambini nei primi della scuola primaria, in quanto il lavoro abilitativo prevede ancora il perfezionamento delle componenti più propriamente linguistiche sia della lettura, sia della scrittura, che il processo di alfabetizzazione perfezionerà gradualmente.

La rieducazione logopedica ha lo scopo di sviluppare le aree senso-motorie carenti ponendo le basi per l’acquisizione della lettura, utilizzando materiale e supporto informatico ad-hoc.

Viene progettato un programma terapeutico specifico, che personalizzi la metodologia dell’insegnamento e dell’apprendimento ai problemi del bambino:

  • Esercitare il processo di decodifica fonologica
  • Stimolare l’apprendimento di mappatura grafema-fonema.
  • Facilitare l’elaborazione sequenziale.
  • Sviluppare la memoria a breve termine.
  • Acquisire un metodo di studio efficace.
  • Pianificare e organizzare le attività quotidiane.

Che cosa si fa in pratica?

E’ indispensabile assistere il bambino/ragazzo affinché possa impadronirsi delle abilità deficitarie, indagate in sede di valutazione, afferenti alle principali aree di competenza linguistica: fonetico-fonologica, metafonologica e linguistica generale. Queste verranno allenate e potenziate con attività che esercitano in maniera mirata i versanti carenti.

L’attività è rivolta ad allenare abilità grafo-motorie, orientamento spaziale/temporale e lateralità. Molto importanti le serializzazioni e gli esercizi di discriminazione visiva e di consapevolezza sillabica: segmentazione e fusione sillabica, omissione e sostituzione di sillabe, categorizzazione e riconoscimento dei fonemi.

L’identificazione precoce della situazione e il trattamento, specifico e sistematico, possono aiutare lo studente a condurre una vita assolutamente normale.

Quanto dura un trattamento logopedico? Con che frequenza vengono effettuate le sedute?

L’arco di tempo dipende dalla gravità del disturbo. Se la dislessia è connessa ad un pregresso ritardo o disturbo linguistico, sarà necessario intervenire per un periodo più lungo. Altro fattore importante è l’intelligenza: maggiore è il quoziente intellettivo, migliore e più tempestiva è la risposta al trattamento.

Tendenzialmente il training logopedico di potenziamento si svolge per cicli più o meno distanziati lungo la durata della scuola primaria.

A seguire si promuovono attività basate principalmente sul metodo di studio per diminuire la fatica e l’impegno didattico.

Nella dislessia non grave è sufficiente una seduta settimanale, alla quale si aggiungono gli esercizi a casa di rinforzo delle abilità allenate durante la seduta e di consolidamento delle varie stategie.

La frequenza degli incontri sale a due a settimana nel caso di disturbi più importanti.

Che cosa può fare un genitore se sospetta che il figlio sia dislessico? E’ necessario far visitare il bambino se ha 6 anni?

Il consiglio è quello di togliersi ogni dubbio: prima si interviene e migliore è la prognosi. Anche se la diagnosi definitiva può essere fatta solo a 8 anni, dai test il bambino potrebbe risultare “a rischio”. In questo caso si potrà intervenire tempestivamente con la logopedia per iniziare fin da subito l’iter riabilitativo rispetto alle difficoltà riscontrate: la precocità conduce al successo del trattamento.

Perciò una diagnosi immediata e realizzata da clinici competenti è già un primo successo nei confronti di questo disturbo che, se riconosciuto tardivamente, innesca inefficienze non solo cognitive ma anche psicologiche.

E’ auspicabile quindi effettuare il prima possibile una valutazione logopedica quando qualcosa non convince durante l’andamento scolastico del proprio figlio.